TECNICA PIANISTICA

Le ottave staccate

Per il solito principio per cui è opportuno cercare di raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, dobbiamo sempre tener presente la necessaria partecipazione al movimento di tutto l'apparato motorio. È impensabile, quindi, concepire lo staccato delle ottave come il risultato dell'azione di un singolo elemento.
Osservando i grandi pianisti eseguire passi virtuosistici di ottave ci si accorge come, in una meravigliosa coordinazione, tutto il corpo partecipa al movimento.

In effetti l'esecuzione di passi con ottave staccate in velocità richiede un lavoro mirabile di coordinazione, per evitare affaticamento e per produrre un suono bello, ricco, potente. In realtà lo stesso discorso è applicabile in tutte le successioni di ottave staccate, anche quando il suono è piano, ad esempio l'inizio del disegno ad ottave della VI Rapsodia ungherese di Liszt:



Ai muscoli deboli del polso e dell'avambraccio dobbiamo affiancare quelli più robusti del braccio (spalla) e del busto (petto, schiena).
Come sempre, all'inizio propongo di semplificare il lavoro separando i vari elementi che poi comporranno il gesto finale. Approfondire, quindi, il loro studio con cura, con esercizi lenti e con la massima elasticità e libertà.
Il primo elemento, cui dovremo badare bene a non trascurare, sono le dita. Spesso infatti si è portati a tralasciare il loro importante ruolo, con il risultato di un'esecuzione imprecisa e sporca.
La prima cosa da fare nell'affrontare un passo di ottave, è quella di studiare cercando di passare da un'ottava all'altra stando il più possibile aderenti alla tastiera. Sollevare appena le mani dai tasti e "afferrare" con la forza delle dita e con presa salda ogni ottava.
Tutto questo serve a "sentire" l'ottava, a produrla senza il minimo sforzo e, soprattutto, con l'azione fondamentale delle dita.
In un secondo momento aggiungeremo un'attività più marcata dell'avambraccio e poi del braccio. In pratica, con piccoli e coordinati aggiustamenti, ogni muscolo dovrà agire per fare in modo che tutto l'apparato, a partire dalla spalla fino a terminare sulla punta delle dita, venga messo in azione. Ad ogni ottava si solleverà tutto il braccio e, con una cadulta libera, si trasferirà tutto il suo peso sui tasti. La mano non dovrà mai essere esclusa dal movimento (inerme), ma, anzi, aperta e pronta ad "afferrare" l'ottava. Le dita forti e sicure e il braccio libero e rilassato, garantiranno l'uniformità del suono.
Successivamente la caduta libera si trasformerà in "lancio" del braccio con una partecipazione più attiva dei muscoli della spalla. L'esecuzione efficace, forte, vigorosa delle ottave non può che ottenersi che con una "vibrazione" di tutto il braccio la quale, con l'aiuto dei forti muscoli della schiena e del busto, assicura un movimento elastico e fluido evitando tensioni e affaticamento. In velocità tutto avviene ad una distanza minima dalla tastiera.
È impensabile eseguire passi come quello celebre della Polacca in La bemolle magg. op.53 di Chopin con la sola azione del polso.



Il movimento della mano dato soltanto dall'articolazione del polso e dall'utilizzo dei deboli muscoli dell'avambraccio, non porta al risultato voluto ma ad un affaticamento immediato. Il suono, inoltre, risulterà debole e inefficace.
Un'azione simultanea, coordinata della mano, dell'avambraccio e del braccio, il tutto governato dai forti muscoli della spalla e del busto, garantirà un'esecuzione perfetta, senza fatica, con un suono forte e ricco.
Raccomando, quindi, di studiare le ottave con movimenti lenti e ampi, sollevando verticalmente tutto il braccio e non solo l'avambraccio (movimento che escluderebbe l'azione dei muscoli della spalla).

Altro fattore importante da non trascurare è quello di tenere in considerazione la "permanenza" delle dita sui tasti dopo che esse hanno prodotto l'ottava.
Spesso infatti, nella concitazione del movimento e nella fretta di passare il più velocemente possibile all'ottava successiva, si genera una tensione continua del braccio dovuta proprio alla mancanza di "riposo", fondamentale per evitare tensioni e affaticamento. Di tale riposo possiamo beneficiare soltanto "appoggiando", pur in un tempo brevissimo, tutto il braccio sull'ottava, scaricando la tensione del lancio sulle dita. Il fatto di "pensare" alle ottave come ad una azione prima di tutto "verticale" ci aiuta a trovare quello spazio breve, fra un'ottava e l'altra, necessario a dissipare la tensione del movimento e a beneficiare di quella breve fase di rilassamento, fondamentale per inziare una nuova preparazione del lancio.
In velocità tutto il movimento diventerà spontaneo e coordinato, il lancio del braccio, generato dall'impulso della spalla, sarà rapido e impulsivo e la distanza prodotta dal sollevamento della mano sarà ridotta al minimo.
Grazie alla continua vibrazione del braccio e all'elasticità del movimento, ci si potrà giovare anche del "rimbalzo" che la tastiera produrrà sulla mano.

Le ottave legate

Nell'esecuzione di passi con ottave legate il problema maggiore da affrontare è quello del suono.
Legare contemporaneamente le due note che compongono l'ottava è praticamente impossibile, se non soltanto in alcuni casi. L'unico legato attuabile è quello del 3°-4°-5° dito, mentre per il pollice l'unica possibilità di legare è quella di "scivolare" da un tasto nero a quello bianco successivo.
Nel seguente passo, tratto dallo Studio op.25 n.10 di Chopin:



 il legato della parte superiore è assicurato dalla successione del 3°, 4° e 5° dito e da adeguati aggiustamenti del polso.
Il pollice può legare soltanto dove il tasto nero precede quello bianco (le prime due note: RE#-MI), mentre in tutti gli altri casi il pollice sarà costretto ad abbandonare il proprio tasto prima di aver premuto quello successivo.
Per produrre un effetto di legato efficace, occorre far uso di alcuni accorgimenti.
Innanzi tutto il pedale, se usato con grande controllo, potrà aiutarci molto in quei casi in cui il legato effettivo non è praticabile.
Inoltre si può dare l'illusione del legato anche nella parte inferiore dell'ottava (pollice) dando un peso maggiore, e quindi un'importanza più rilevante, alla linea melodica superiore (3°-4°-5° dito). Il suono più evidente delle note acute "distrae" l'orecchio avvolgendolo nel suo cantabile, creando l'illusione del legato anche nella parte del pollice.
In ogni caso la regolarità e la fluidità del suono saranno alla base di un buon risultato.
Grazie agli spostamenti laterali del polso e dell'avambraccio si facilita sensibilmente l'azione delle dita che, aiutati nella preparazione anticipata del loro attacco, si trovano in posizione ravvicinata ed agevole rispetto ai tasti.

In quei passi in cui l'andamento ritmico è più veloce, la "sensazione" di legato risulterà più evidente e meno problematica.
Provate a verificare quello che dico confrontando il frammento dello studio di Chopin sopra citato con il primo quadro dei Papillons op.2 di Schumann: